Accumulatrice seriale.
- Non quella Alice
- 10 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 21 mag 2021
10 Marzo 2021 - Brescia

Partiamo a gamba tesa: Non so affrontare il dolore.
Semplice, chiaro, diretto.
Non so affrontare il dolore.
Mi evito inutili giri di parole metafore e tutte le altre cazzate questa volta (solo per ora ovviamente), perché semplicemente: non so affrontare il dolore.
Però, in realtà, (sti cazzo di "però" sempre in mezzo) devo fare una precisazione: non so affrontare il Mio dolore.
Eh si, perché con quello degli altri in realtà me la cavicchio. In fondo non è sempre così?
Non è sempre più facile consigliare gli altri, aiutarli, ascoltarli?
In realtà non ne sono completamente certa, o comunque non penso sia una legge universale; credo che di base sia più "semplice" sgrovigliare i gomitoli degli altri piuttosto che i propri, ma... siamo sicuri di saperlo fare davvero? E soprattutto: siamo sicuri di saperlo fare bene?
È una parentesi che secondo me ogni tanto va aperta, o comunque vale la pena soffermarcisi un po'. È forse troppo facile pensare: "Io so aiutare gli altri, ma non so aiutare me stesso"; più difficile è pensare "Provo ad ascoltare gli altri e spero di aiutarli in qualche modo, si sa mai che così facendo, magari, aiuti un po' anche me". Potrebbe sembrare un po' egoista me ne rendo conto, ma in fondo non è per questo che lo facciamo? (faccio?) Aiutare e ascoltare i problemi degli altri, grossi o piccoli che possano essere (in fondo non importa) non ti porta a sentirti in qualche modo "migliore" o più "normale"?
Chi si ripete:
"Lo faccio perché voglio rendere gli altri felici"
secondo me dice solo una mezza verità. Più corretto sarebbe dire:
"Lo faccio perchè cerco di aiutare gli altri, e così facendo aiuto un po' anche me. Concentrarmi sugli altri mi aiuta a non pensare ai miei problemi"
(e con questo mi riferisco alla maggior parte delle persone, i Santi/Santoni e/o presunti tali ne sono OVVIAMENTE esclusi; non sia mai...)
Va beh mettiamola così: per me vale quest'ultima opzione. Io "servo a voi" e voi "servite" a me.
Perché: (tornando alla seconda riga) Non so affrontare il dolore.
Quindi mi tengo impegnata il più possibile ascoltando il vostro dolore, i vostri problemi, le vostre preoccupazioni. E mi ci concentro al massimo così da non dover affrontare tutto quello che è "Mio".
-E tu cosa fai? Come le gestisci le "tue cose"?
Avete presente gli accumulatori seriali? Quelli che si riempiono la casa di tutte le cazzate inutili del mondo: collezioni di tutti i tipi, oggetti assurdi, rifiuti ecc... Ecco! Ipotizziamo che dentro ognuno di noi ci sia una casa:
la mia è sicuramente come quella dei signori che vi ho appena descritto. Le collezioni diventano i sensi di colpa, gli oggetti assurdi: le relazioni sbagliate (e non parlo solo d'ammorre) e i rifiuti... quello è il dolore. Sai che devi liberartene, lo sai benissimo. "Andiamo! Quello non puoi mica accumularlo, se lo lasci li per troppo poi puzza!" Puzza e... "ti vengono le malattie. Devi liberartene!"
(Si lo so che fa schifo come metafora, ma provate a seguirmi)
Tutto giusto. Tutto giusto, ma a me piacciono proprio troppo le sfide. (ovviamente solo quelle sbagliate)
-Quindi?
Quindi accumulo. Non affronto, e accumulo.
Ed esattamente come i rifiuti nelle case degli accumulatori seriali, anche i miei rifiuti "puzzano" e "fanno venire le malattie". Ogni volta che aggiungo un sacchetto di indifferenziato alla collezione mi ripeto che sarà l'ultimo.
"Solo questo, poi basta. Domani esco e mi libero di questo schifo."
Sarebbe stupendo se almeno una volta ogni tanto ci credessi davvero; invece, ogni "ultimo sacchetto" è sempre il "penultimo sacchetto".
Così, dopo un po', mi ritrovo con un'intera discarica.
-E cosa fai quando la discarica è piena?
Tappo il buco, ci faccio una bella collinetta, pianto qualche albero per far sembrare tutto molto carrino, e ne scavo un'altra un po' più in la.
E ricomincio.
In sintesi: Non so affrontare il dolore
So nasconderlo.
Renderlo "una collinetta"
E so scappare un po' più in la ricominciando tutto da capo.
(Giusto per chiarezza: casa mia è degna di Marie Kondō. Da brava OCD non c'è nulla in disordine. Quello è tutto nella mia testa.)
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