"Alice è morta due volte, ma non è mai nata"
- Non quella Alice
- 16 mag 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 13 lug 2021
16 Maggio 2021 - Brescia

È due settimane che penso e ripenso a questa frase. “Alice è morta due volte, ma non è mai nata”.
È arrivata come un flash, senza che pensassi a qualcosa di specifico, è arrivata e basta; e da due settimane a questa parte, non mi lascia.
Ogni tanto cambia versione e diventa “…non è ANCORA nata”; mi piace pensare che quell’ “ANCORA” sia una specie di messaggio motivazionale inconscio.
Sarebbe carino, no?
Quasi poetico; quasi che a tratti ci credo.
Due giorni fa ho incontrato una persona che ha letto questa frase e mi ha chiesto con il sorriso: “Scusa Ali, ma che significa? Cosa volevi dire?”.
Ecco ora è doverosa una parentesi; ossia: sono in una fase in cui non sento nulla. Sentimentalmente intendo. Vuoto totale. Arida, peggio del Sahara. Non sono felice, non sono triste.
Nè arrabbiata, né in pace.
Non sento “il bene” (ho sempre faticato ad accettarlo, ma almeno prima lo sentivo), non mi tocca “il male”.
Insomma: so che qualche tipo di sentimento c’è (nascosto non so dove) ma non riesco a sentire nulla.
Per tornare alla domanda di prima:
“… Che significa?…”
Cazzo règaz!
Uno stop di petto così, qualche tempo fa m’avrebbe mandata in tilt totale; invece la reazione è stata immediata:
“Non l’ho ancora capito. So solo che è così.” Quindi eccomi... Due giorni dopo, con molta calma e parecchi punti di domanda, provo a rispondere. No, meglio: provo a risponderMi.
Partiamo dall’inizio: “Alice è morta due volte…” Già qui credo ci sia un errore di fondo, e... no! non c'entra il fatto che non si possa morire due volte; il problema è proprio l’opposto: forse due sono poche.
Due, però, sono sicuramente le mazzate che mi sono tirata da sola; quelle che fanno più male e nemmeno te ne accorgi.
(Una in realtà, l'altra so che in fondo non potevo fare nulla. Prima o poi smetterò di credere che potessi evitarlo)
La prima ero decisamente troppo piccola. Talmente piccola che non dovrei nemmeno ricordarlo, eppure… Ma questa non mi va di spiegarla. Sicuramente quella è stata la prima volta che sono morta. Troppo piccola per sapere come sarebbe dovuta andare “la vita”. Troppo compromessa per affrontarla (da li in poi) in maniera “normale”.
(Se mi fermo ancora un secondo su questa cosa probabilmente scrivo cose che non vorrei farvi leggere.) Per questa volta dovrà bastarvi questo. Era troppo presto; e da lì in poi, nulla è andato come sarebbe dovuto andare. (Prima che partiate con “tutto si può risolvere/recuperare”... NO. Non tutto. E questa è una di quelle cose.)
Ok, Ok, mi fermo.
Passiamo alla seconda?
(Con chi cazzo sto parlando?)
Avete presente quei film in cui un parassita “X” entra nel corpo delle persone e queste diventano tutte sceme senza rendersene conto? Loro non sanno cosa sta succedendo e probabilmente credono fermamente che tutto quello che accade, sia comandato da loro e va tutto meravigliosamente bene. E si ripetono in continuazione: “Ho tutto sotto controllo, sono io che scelgo” e cazzate del genere.
La prendo larga, (come sempre) e mi, vi, ci chiedo: se questo parassita “X” lo sostituissimo con un sentimento?!
Uno qualunque intendo. Amicizia, lutto, perdono, amore…
C’ avete mai pensato a quante volte ci siamo lasciati pilotare inconsciamente o meno, da un sentimento? Quante volte ci siamo messi da parte?
Per quante volte siamo diventati “un’altra persona” senza nemmeno rendercene conto?
Alice, la secondo volta, è morta per parecchio tempo. Prima trascinata da un sentimento, poi dall’altro, poi un altro ancora. È durato tutto così tanto che, non si sa come, ma ad un certo punto non mi ricordavo più chi fossi. Al “Chi sei tu?” detto la notte prima di addormentarsi, la risposta è passata con il tempo da: “Alice! Ovvio.” al “Io” fino ad arrivare gradualmente alla presa di coscienza del “E chi cazzo lo sa?!”.
Su quelle note mi sono resa conto che ero ufficialmente un cadavere ambulante da tempo indefinito.
E la cosa sorprendente sai qual’ è? Era impossibile rendersene conto prima.
A guardarmi ora posso dire tranquillamente che sembravo più felice, più spensierata e... perché no? pure più forte. Alice non avrebbe mai ammesso d’essere "morta", stata male per qualcosa, d’aver fallito in qualche modo. E nello stesso tempo Alice sorrideva sempre, andava sempre tutto bene, era sempre disponibile e tutti erano felici. Ma lei lo era? Vi avrebbe risposto: “Assolutamente sì!” Ma ora vi rispondo io, e vi dico: “And the Oscar goes to…”
Se la mia prima “morte” non potevo evitarla, ed è sicuramente la più difficile da affrontare visti gli strascichi indelebili che si porta appresso, la seconda “morte” credo sia stata necessaria.
Sì necessaria.
Perché ora forse, prima o poi, quando? ancora non lo so; ma... forse, è il punto e accapo che mi serviva.
Mi correggo: mi servirà.
Ci sono cose che non posso eliminare e cose che non posso cambiare. Non so se il proseguo più corretto della frase iniziale sia “…mai nata” o “…non è ancora nata”; lo scoprirò con calma, credo.
Perciò sì: “Alice è morta due volte” e non ha ancora deciso se nascere.
In fondo, finché non muoio davvero, c’è tempo… no?!
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