Capitolo 3: Una Corsa Elettorale e una Lunga Storia
- Non quella Alice
- 4 mag 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Capitolo 3
-Una Corsa Elettorale e una Lunga Storia-
Parte 1
4 mesi dopo… ProcrastinAlice colpisce ancora (avvocato, “colpisce”…. ci prova, dai)
Questo è stato il capitolo più difficile da affrontare. (per ora)
Pazzesco come certe cose ti si spiaccichino addosso proprio mentre le stai vivendo.
4 Maggio 2022 - Un po' qua, un po' la/Wonderland

Periodo decisamente pieno (bello-brutto, c'è tutto)
L'importante è ripartire, no?!
Allacciate le cinture, sarò… me stessa, come al solito (più gli interessi).
Avevamo lasciato "Quella Alice" e tutta l'arca di Noè sulle sponde del laghetto delle lacrime. Fradici e infreddoliti. (grazie al ca', stanno così da Dicembre!)
Bisogna smuovere la situazione, qui ci si deve asciugare! Quindi, in nostro soccorso, arriva Topo, che con un passetto un-due-tre prende il palco e ci spara a gran voce un:
Sedetevi tutti e statemi a sentire! Ci penso io a seccarvi in poco tempo!
Tutti s'accalcano intorno a lui, e parte un pippone pazzesco su "Guglielmo il Conquistatore"; finché ad un certo punto, fra i tremolii degli amici della gang del bosco, il racconto s'interrompe. Topo guarda Quella Alice e le chiede
"Come va ora, mia cara?"
"Sono bagnata come prima"
e aggiunge:
"Direi che non mi asciuga affatto"
Raga, a me, questo passaggio, m'ha proprio fatto l'effetto Guido Meda...
"Tutti in piedi sul divano! Lewis c'è, Lewis c'è!"
(E qui s'interrompe la parte easy del capitolo... durata un botto, vero?)
Insomma: nonostante il pippozzo, del Sig. Topo, i nostri amici dell'arca perduta sono ancora bagnati e tremolanti. Niente paura, entra in scena Mr. Dodo
"La cosa migliore per asciugarci tutti, sarebbe una Corsa Elettorale"
La nostra amica, ovviamente, cade dal pero (e come darle torto?! Sicuramente non abbiamo la stessa concezione di "Corsa Elettorale" di Mr. Dodo), e tra l'incredulo e lo scazzato, chiede di che cosa si tratti. ("Ti devi fare i cazzi tuoi" cit.)
"Be', il modo migliore per spiegarla è di farla"
E, con la stessa organizzazione di Poste Italiane, Dodo si mette all'opera.
Traccia una pista completamente a caz’ de can
(non ci sono cani in questa cricca... l'ha fatta pure senza reference)
Tutta la gang del bosco segue il flow alla "Poste Italiane" e si dispone con lo stesso criterio con cui è stata tracciata la pista, e... continuando a seguire il modello PI, la mandria più scollegata della storia inizia a correre.
(Non lo so Rick, mi fa tanto "test di Cooper" alle superiori. "Corri finché ti reggono le gambe" e quando non ne hai più e non ti vede nessuno, buttati a terra tipo opossum)
Corri tu che corro io, sono finalmente tutti asciutti; e quando ormai è chiaro che l'abbiano mandata in vacca (non c'è nessuna Sig.ra Vacca, for the cronaca), l'amico Dodo, se ne esce con un sonorosissimo:
"Fine della corsa!"
La domanda sorge spontanea: "Chi ha vinto?"
(Dai caro, dicci, dicci... chi ha vinto? Spoiler: tenetevi che ora si "ride")
Dodo, dito alla tempia, (ma... i Dodo non hanno le dita, va be') si rivolge alla nostra élite bestiale:
"Hanno vinto tutti e tutti debbono ricevere un premio." "Ma chi li da i premi?" rispose un coro di voci. "Lei, naturalmente" disse il Dodo puntando il dito verso Alice; e tutti le si accalcarono subito intorno chiassosamente, gridando: "I premi! I premi!"
(Grazie D! tu sì che sei n'amico... e adesso, Amicici, mettetevi comodi. Si parte)
Che la nostra amica si cacci continuamente nei casini, l’abbiamo capito; eppure, questa volta, va detto: non ha fatto nulla! Quella Alice, passa dall’assecondarli tutti, al dover trovare una soluzione ad una situazione che francamente non ha ancora capito, in 0.2” netti. Prima hanno fatto come volevano, poi l’hanno sparata grossa, e quando le cose si sono “complicate”, si sono girati verso Quella Alice.
Smazzatela tu.
Qui mi sono fermata a ragionarci per un po’. Per diversi mesi a dirla tutta.
(Abbiamo visto ProcrastinAlice)
Quante volte mi sono ritrovata in questa situazione?
Quanti: “Come ci sono capitata? Che succede? Che ho fatto? Cosa vogliono? Cosa devo fare? Perché devo risolverla io?” mi sono detta?
Sembra essere uno schema ricorrente nella mia vita; tanto che, a volte, mi pare sia sempre stato così. Quando le cose si incasinano e ci si volta in dietro alla ricerca di una mano: eccola, Alice! (Un po’ come quando si cerca un volontario e tutto il gruppo fa un passo in dietro… sempre spontaneah)
“Smazzatela tu”
“Ehm… sono Alice, risolvo problemi(?)”
(Harvey Keitel non era disponibile; hanno mandato me, la versione no budget di Mr. Wolf…)
E smazzane una, smazzane n’altra, ad un certo punto tutti i problemi degli “altri”, sono diventati i miei.
Non so quando sia iniziato questo “caricarsi” (più che “farsi carico”, è “diventare il cestino dell’indifferenziata degli altri”), a volte, l'ho detto, mi sembra che sia sempre stato così. Eppure da qualcosa dev’essere partito; ci sarà stato un primo “dimmi, ti ascolto”.
Ascolto, appunto, da lì in poi, è stata tutta una questione d’ascolto.
Ascoltarsi.
Recentemente ho ragionato sul fatto che, spesso, nella vita, ci incasiniamo a tal punto da non sapere come uscirne, e la soluzione più semplice, quella che ci pare l’unica possibile, sembra scaricare tutto addosso agli altri. Si cerca di delegare, di deresponsabilizzarsi; perché quando ti senti soffocare, scaricare tutto a qualcun altro è più semplice.
Attenzione! non dico che sia una scelta sbagliata; è una scelta, ognuno di noi fa come vuole. (libero arbitrio bitches!)
Dico solo che, per quanto mi riguarda, ho imparato che se invece di scappare dalle situazioni, girarmi di spalle e metterle in un cassetto, le cose le affronto, le vivo, mi ci scontro (possibilmente di testa… like ariete), in un modo o nell’altro “ne vengo fuori”.
Ci sono cose che si possono mettere in stop e riprenderle poi, e altre che vanno affrontate subito; ma (sempre per la mia umile e inutile esperiensssa) se le cose sono mie, me le devo vivere io, come voglio io e senza dover dar spiegazioni a nessuno. Perciò se voglio condividere, condivido; se voglio tenermela per me e sparire dai radar: lo faccio.
Se hai un tuo equilibrio, sei pronto per “essere”, per stare; anche nelle vite delle altre persone.
“Tu sai ascoltare.”
Questa cosa quando me la dicono, la capisco e non.
Nel senso: non è che l’abbia imparato o che mi ci sforzi; sono io, così, da sempre.
Questo mi ha portata a diventare “quella da chiamare”.
Tante, decisamente troppe volte, mi sono ritrovata in situazioni che non mi appartenevano. Con carichi emotivi non miei, a dover risolvere problemi non miei; solamente perché: “Tu sai ascoltare”. (e perché non sai dire di NOOOO!)
Da quando sono entrata in modalità “empatia sì, ma senza finire in terapia ogni volta”, mi sono resa conto che, alla fine, tutti vogliamo essere Ascoltati; non sentiti, ma ASCOLTATI. Perché, spesso, i nostri casini li sappiamo risolvere da soli; spesso dalle situazioni ne sappiamo uscire con le nostre zampette. Quasi sempre, le risposte le abbiamo già tutte; sono quelle che ci dice “la contro vocina nella testa”, quella che quando le cose si mettono male, sentiamo, ma scegliamo di non ascoltare. (non è la psycho vocina)
Ho capito volta per volta, che nei momenti in cui non ci ascoltiamo da soli, e ci serve “qualcuno con cui parlare”, in realtà, da quel “qualcuno” non ci aspettiamo delle risposte (che comunque non ascolteremmo), vogliamo “solo” farci ascoltare.
E allora se è tutto un “solo”, se è tutto così semplice, perché pesa tanto?
Perché se “basta ascoltare”, la vivo come se mi stessero chiedendo la cura ad ogni male?
Perchè ascoltare non è un cazzo semplice.
Non ne esci come ne sei entrato; qualcosa ti resta addosso. Pensieri, sensazioni, emozioni. Se ascolti: empatizzi. Se empatizzi: senti; e sentire troppo degli altri, oltre che essere pesante di suo, smuove anche quello hai già dentro, quello che è tuo.
Ora immagina di fare questo “giochetto” una, due, tre, dieci volte; senza scaricare nulla.
Senza prenderti tempo per gestire quello che ti ha lasciato l’ascolto degli altri.
A questo aggiungici che a volte non si tratta d’ascolto, ma di trovare soluzioni pratiche. Ora somma… somma tutto.
Respira. (pesantino, vero?)
Pensa che è nato tutto da un ascolto.
Allora, qui mi chiedo:
Può l’ascoltare portarsi dietro tutti questi “effetti collaterali”?
Può il saper Ascoltare le persone, e non il Sentirle, diventare un difetto?
Perché se “l’hai fatto una volta”, devi in automatico “farlo sempre”?
E poi:
Perché da una cosa positiva come l’ascolto, si arriva al farsi carico dei pesi degli altri?
Perché, mia cara Alice, ci carichiamo dei pesi degli altri, anche quando dovremmo smaltire un po’ dei nostri?
Prima dicevo che nei momenti difficili, delegare e deresponsabilizzarsi, sembra la scelta più facile; anche concentrarsi sulla risoluzione i problemi non tuoi, lo è.
É più facile concentrarsi sulle richieste d’aiuto. Concentrandoti sulle voci esterne, soffochi quella interna, quella che fa rumore, la tua. Tanto continui a risponderti che: “Quando staranno bene, penserò a me. Ora non posso” oppure che: “Prima sistemo qui, poi stacco la spina e mi do tempo”.
Spoiler: stiamo ancora aspettando.
Spoiler 2.0: ci sarà sempre qualcuno che ti chiederà di esserci, di ascoltare, di risolvere, aiutare, ecc… questo non può (oh parlo per me, poi W la libbertà), diventare l’appiglio per procrastinare il concedersi tempi e spazi per rimettere insieme i propri pezzi.
(Per la rubrichetta “Fattelo un cazziatone, Alice”: Alice!)
Quindi:
"Ma chi li da i premi?" rispose un coro di voci. "Lei, naturalmente"
Naturalmente, Alice, naturalmente...
Su questo “naturalmente” che mi spezza in due mi fermo.
(Ali… se non sono collassati dopo tutto sto pappardell, è un mezzo miracolo. TAGLIA!)
Ne riparliamo, naturalmente, fra qualche giorno (mese o anno, vista la costanza…)
e vediamo come se la cava la socia con questi premi.
Ciao Amicici
E tu, vorresti essere ascoltata ogni tanto?