Capitolo 4: Il Coniglio presenta un Conticino
- Non quella Alice

- 20 ago 2023
- Tempo di lettura: 7 min
Hem hem… Capitolo 4.... Iniziamo con nonchalance, fingendo che non sia passato più di un anno dal “Capitolo 3 - parte due” (ProcrastinAliceeeeeee)
Recappino necessario
Alice, dopo la “corsa elettorale”, la spartizione dei canditi like Jesus e quella simpaticissima auto-nonauto-premiazione con ditale, torna all’attacco sull’amico Topo e cerca di farsi raccontare la sua storia. Peccato che abbia lo stesso livello d’attenzione di un mattone; e dopo poco l’amico s’incazza, la sbologna e se ne va. Insomma, c’ha ragione! Cosa mi chiedi di raccontarti i fatti miei se poi non mi ascolti!? Dai Alice! Un po’ di quel che ci vuole. In questo momento, quella in difetto oggettivo è lei; il punto è che rendersi conto d’aver sbagliato non piace a nessuno, siamo d’accordo, ma come se ne esce? Come ne esce Alice? Pestando un merdone più grosso! (E qui tocchiamo dei nuovi punti affinità) Sì perché la nostra socia, dopo aver fatto scappare il Topo al quale aveva fatto pressing per farsi raccontare la sua vita, da dove venisse, del perché odiasse cani e gatti, per poi non ascoltare minimamente ciò che aveva da dire, decide che la cosa migliore da fare è ovviamente attaccare un pippone ai pochi presenti rimasti. “Pippone” che ha come soggetto principale la sua gatta… niente di che, direte, se non fosse che i “Pochi presenti rimasti” erano composti in maggioranza da uccellini e altre bestiole non esattamente propense all’ascolto dei racconti di caccia di un gatto; quindi...
“Con vari pretesti tutti si allontanarono, e ben presto Alice rimase sola”
Ci stupisce? Direi di no. Se l’è meritato? Probabilmente; anche se fino a poco prima era la “numero uno” da premiare ecc… Capita, Alice. Se non ti accorgi di chi ti sta intorno, se non presti abbastanza attenzione, se non rifletti su come si può sentire chi sta dall’altra parte… prima o poi, resti sola. È capitato a tutti. A volte lo facciamo con cognizione di causa, altre non ci pensiamo e facciamo “del male” a chi ci sta vicino. Certo è, che prima o poi, la presa di coscienza arriva, e a quel punto siamo ad un bivio: Mi giro di spalle, non riconosco l’errore e reitererò - Riconosco l’errore, analizzo il mio comportamento e ne faccio “lezione”. (Se poi ci scappa un rammendo ago e filo della situ, tanto meglio)
La verità è che non sempre ci viene data la possibilità di rattoppare le ferite infitte. A volte, speriamo d’avere una “seconda chance” che non ci viene data; altre volte, siamo noi a non creare l’occasione del riscatto.
Da entrambe le situazioni si impara qualcosa. Si va avanti. Proprio come Alice, quando sente un fruscio e dei passi in lontananza e spera che sia il Topo di ritorno per concludere la sua storia. Una seconda chance.
E invece… si va avanti.
20 Agosto 2023 - Brescia/Wonderland
Capitolo 4: Il Coniglio presenta un Conticino

Non era il Topo, a zampettare verso Alice, ma il Coniglio Bianco che zufolare nelle frasche. (no doppi sensi. Vi vedo. Bestie!) Arriva in sbattimento; ha perso qualcosa. Ventaglio e guanti di capretto.
Alice s’accolla in zero due lo sbatti del Bianconiglio e si mette alla ricerca. nutile dire che nessuno le avesse chiesto nulla; ma noi sappiamo che "Queste Alici" hanno un senso di responsabilità che Mattarella al secondo mandato levati.
Comunque: per tutta risposta, l’amico la scambia per “Mary Ann” e inizia ad impartire ordini come il Sergente Maggiore Hartman (con meno insulti ma l’intenzione e il tono sembrano gli stessi)
Senza farsi troppe domande, Alice si butta in direzione “Casa del Sig. C. Bianco”
Per una volta sembra filare tutto liscio: entra in stanza, tavolino, guanti e ventaglio. Alice, ci sei. Prendili, portali al salterino in sbattimento e il gioco è fatto. Vai, vai vai! Seeeeeee ceeeeerto! "Casualmente ci casca l’occhio su una simpatica bottiglina”. Questa volta niente scritta “BEVIMI”, ma cosa volete che vi dica…
Stavolta non c’era la scritta BEVIMI, ma Alice la stappò lo stesso e se la portò alle labbra. «Tutte le volte che mangio o bevo», si disse, «succede qualcosa di interessante, lo so di sicuro; perciò voglio vedere cosa può fare questa bottiglia. Speriamo che mi faccia ridiventare grande, perché non ne posso più di essere così piccina»
Perché parliamoci chiaro: cosa c’è di meglio dell’infilarsi in un casino consapevoli che ci si sta infilando in un casino? La sensazione che ti prende quando ti stai tuffando di testa in qualcosa che già sai essere pericoloso, sia sai che avrò delle ripercussioni, già sai che ne uscirai storto.
Quella sensazione… quel brivido… per me è irresistibile. Evitarlo è farmi violenza. Fingere di non volermici buttare dentro, non serve a nulla. Al massimo può ritardare il lancio; oppure, come ho già detto altre volte, “sto solo prendendo la rincorsa”.
Prima di essere arrivata a metà della boccetta si trovò col capo che premeva contro il soffitto, e dovette piegarsi per non rompersi il collo. Rimise giù in fretta la bottiglia, dicendosi: «Basta… spero di non crescere più… Già così non posso uscire dalla porta… Come vorrei non aver bevuto tanto!»
Allora, oltre all’ultima frase, che possiamo fingere quanto ci pare, ma l’abbiamo detta tutti almeno una volta nella vita (addio Sambuca. Mai più. Nemmeno una snasata); scommetto quel che vi pare che la sensazione che sta provando Alice, l’abbiamo vissuta tutti. Tuffarsi di testa è bello da Dio, eppure c’è quel momento, finito il tuffo, prima della risalita; quando la superficie non arriva e l’ossigeno sembra essere finito. Cazzo! Sono nella merda! Forse non mi dovevo tuffare. Merda, mai più!
Alice continuava a crescere; come ultima risorsa, sporse un braccio fuori dalla finestra e infilò un piede su per il camino, e si disse: «Ora, succeda quel che succeda, non posso fare altro. Che ne sarà di me?»
Questo, amicici, questo, è il momento in cui di solito mi ripeto “Vada come vada; almeno si dirà che ho vissuto.”
«Si stava molto meglio a casa, senza crescere e diminuire tutto il tempo, e senza farsi comandare da topi e conigli. Quasi quasi mi pento di essere scesa in quella tana… eppure… eppure… questo tipo di vita è abbastanza curioso, no?»
Lì, quando non sai se ne vieni fuori, quando “forse questa volta l’ho fatta più grossa del solito”, quando oggettivamente il pensiero del “ma non potevo starmene fermina?” inizia a farsi largo, quando metti tutto e tutti in discussione, quello è il momento di tener botta e ripetersi “Almeno hai vissuto. C' hai provato.”
Ho capito, negli anni, da quelli che per qualcuno possono essere considerati “errori”, che una vita “normale” a me non s’addice. (e qui sarebbe giusto chiedersi cos’è normale, ma la siamo a fa’ un po’ lunghetta Alì. ‘Sto merdone schiviamolo per adesso, tanto al prossimo capitolo ci pensa il Bacarozzo Fattone a mettere in discussione anche il battito cardiaco). Voglio l’avventura, il rischio, il brivido, l’incertezza; anche se so che sarà un casino e chiederò stabilità. Ma sarà sempre una pausa, una situazione momentanea. Un respiro, prima del prossimo tuffo.
A questo punto, metti in conto che arriverà qualcuno con “la verità in tasca”, con il giudizio tagliato al coltello. Ti verranno a dire cosa fare, cosa avresti dovuto fare. Vacillerai. E proprio come per Alice, che in questo momento è un gigante imprigionata nella casa del Coniglio Bianco, il primo che ti dirà cosa fare, ti farà paura. Il rischio di mettere tutto in discussione, di sentirsi un completo disastro, di non essere abbastanza e non valere nulla, è sempre dietro l'angolo. Lei è incastrata in una situazione che le va stretta.
Ci si è infilata da sola, certo! sa benissimo cos’ha combinato. Dovrebbe pensare a se, a come risolvere la situazione, come uscirne. Invece si ritrova a dover placare il Coniglio e tutto il team di animaletti che cercano (a modo loro) di liberarla, ma solo dopo averle detto cosa deve o non doveva fare.
Il Coniglio impartisce ordini a profusione, Pat non sa cosa fa ma ubbidisce e Bill fa il galoppino e si becca dei manrovesci da Alice. Questi tre, impacciati come chiunque dopo la terza tequila, cercano di risolvere la situazione senza capire cosa stia realmente succedendo, cercano in modo abbastanza assurdo e sconnesso di aiutare Alice. Sono tentativi un po’ goffi, ma non possiamo fargliene una colpa.
Non capita tutti i giorni di ritrovarsi casa occupata da una bambina gigante.
Fatto sta, che mentre loro cercano di liberarla, Lei gli restituisce la cortesia lanciandoli dal secondo piano, scaraventandoli nel camino e per poco non ne riduce uno ad una polpetta. Non è così difficile immaginare dove vi sto portando con questo quadretto, ma vediamolo insieme.
(Regia! Possiamo avere la base Superquark che la Woolf di San Polo se la sente un po' stasera?!)
Quando siamo in difficoltà, capita che qualcuno voglia aiutarci; qualcuno fingerà di farlo e bisognerà stare attentini, altri, forse i peggiori, sono quelli che non vogliono che tu sia in difficoltà perché gli servi operativo.
Questi ultimi non cercano di aiutare te; hanno bisogno che tu gli risolva il problema, pertanto, devi stare bene. Ma se in questi casi i manrovesci che tira Quella Alice, sarebbero più che meritati, a volte ci capita di allontanare anche chi a noi tiene realmente. Questa distinzione, però, non è un cazzo semplice. Semplice, è invece, allontanare tutti e cercare di smezzarsela da soli. (Semplice il cazzo, bro!)
Pericoloso. Allontanare tutti è decisamente pericoloso.
A volte, posso dire, è una scelta necessaria, ma non per questo la migliore.
Ci sono dei casi in cui l’allontamento da tutti ci serve per capire i nostri limiti, i nostri errori, e qualche volta ci aiuta ad “imparare la lezione”, altre, abbiamo bisogno che qualcuno ci lanci un amo, ci dia una sveglia, ci tiri un sassolino…
Dopo un paio di minuti quelli ricominciarono a muoversi, e Alice sentì il Coniglio che diceva: «Una carriolata basta, per cominciare» «Una carriolata di che?» Pensò Alice. Ma i suoi dubbi non durarono a lungo e un attimo dopo dalla finestra arrivò precipitando una pioggia di sassolini, alcuni dei quali la colpirono in faccia. «Gliela faccio smettere subito» disse Alice e gridò: «Meglio che non ci riproviate!» Il che produsse un altro silenzio mortale.
E anche se inizialmente possiamo non accorgerci che lo stanno facendo per il nostro bene, perché sul momento la carriolata, quando ti arriva addosso fa male, quei ganci possono essere l’inizio per la nostra ripartenza.
Gran parte del lavoro resta su di noi, ma bisogna accorgersi che c’è un gesto, un aiuto e bisogna saperlo cogliere.
Alice notò un po’ sorpresa che i ciottoli sul pavimento diventavano tanti pasticcini, e le venne in mente un’idea brillante. «Se ne mangio uno, cambierò certo di statura; e siccome più grande di così non posso diventare, immagino che mi renderà più piccola.» Così ingoiò un pasticcino, e con gran gioia vide che cominciava subito a ridursi.
Continua nella parte due.
...
(Tranquilli, l'ho già scritta. Questa volta mi sono portata avanti. Però, capiamoci, se metto tutto in un post, col cazzo che arriviamo alla fine integri!)




Commenti