Capitolo 4: Il Coniglio presenta un Conticino
- Non quella Alice

- 27 ago 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Parte 2 27 Agosto 2023 - Brescia/Wonderland

Ciao Amicici!
Eravamo rimasti a...
Alice notò un po’ sorpresa che i ciottoli sul pavimento diventavano tanti pasticcini, e le venne in mente un’idea brillante. «Se ne mangio uno, cambierò certo di statura; e siccome più grande di così non posso diventare, immagino che mi renderà più piccola.» Così ingoiò un pasticcino, e con gran gioia vide che cominciava subito a ridursi.
Ci sono momenti nella vita in cui non stiamo un cazzo bene.
Chiedere aiuto, per perone come me è abbastanza impensabile; e finiamo per prolungare le nostre sofferenze decisamente più del dovuto. Nell’ ultimo periodo, sto sperimentando il “Provaci. Se non dovesse migliorare, che male può farti?! Hai già il culo nelle ortiche, peggio di così non può andare. E se anche fosse, forse è meglio scoprirlo adesso piuttosto che ritrovarsi una palata in faccia quando stai di nuovo bene”.
Anche se, ammetto, di non poter dire che rispetto sempre questo nuovo mood.
(ma va?! Non saresti Tu, altrimenti)
Appena Alice fu abbastanza piccola da passare della porta, uscì di corsa dalla casa e fuori trovò il “comitato d’accoglienza” Un Coniglio, una Lucertola, due porcellini d’india, uccelletti a manciate e altri animaletti (fa molto musettianimaletti. Ripijate!)
Appena ha messo una zampetta fuori dalla casa, tutto il cucuzzaro fa per andarle in contro. Una situazione normale avrebbe previsto quantomeno un “oh raga, grazie per i pasti-sassi”; ma Lei no, Lei è diversa, Lei è una di noi. Si fa prendere dal panico e scappa; inizia a correre like Forrest Gump.
Dritta nel bosco.
«La prima cosa da fare» si disse Alice mentre vagava nel bosco «è tornare alla mia statura normale; e la seconda è trovare la strada che porta in quel bel giardino. Per me questo è il programma migliore»
Quindi, Alice: vieni fuori da una situazione di merda, qualcuno che ha provato ad aiutarti, cerca di avvicinarsi a tè e tu tiri dritta nel bosco pensando che il piano migliore sia “tornare normale” e farsi una gita nel giardino che sembra essere sparito da dopo il bordello del laghetto.
Beh amica mia, quanto siamo simili…
Quella Alice, come me, si è abituata decisamente in fretta alle situazioni complicate; tanto che, sembra non poterne più fare a meno. Un anno fa, aprendomi con una persona, dissi che nel mio mare di merda ci so nuotare, è camminare nei prati fioriti che mi viene difficile. Chi si abitua alle difficoltà, quando si trova in una situazione “normale” fa fatica. Ti crescono dubbi come funghi, cerchi l’inghippo, la fregatura, il tranello… finché non t’incastri da sola e cadi a terra come una pera. Tutto perché quel processo di “messa in piedi”, l’affrontare le difficoltà una dietro l’altra sono, per assurdo, la tua comfort zone. La pace, l’abbiamo già detto, non ci si addice. Proviamo a farci piani per uscirne, poi proprio come Alice, ci facciamo trascinare da pericolose distrazioni...
Alice, appena entra nel bosco, dice di voler tornare ad una dimensione normale e poi andarsene “in quel bel giardino”; questo è il piano. Una persona che realmente vuole quella pace, cascasse il mondo, tira in quella direzione; ma Noi no.
Mentre è nel bosco, spunta un enorme cucciolo che la punta.
Ricordiamoci che Lei è di nuovo formato tascabile.
Mettersi a giocare con un cucciolo che potrebbe ingoiarla in 0.2 forse non è la migliore delle idee. E infatti… si perde nell’ennesima cosa pericolosa. Sa benissimo che potrebbe finire nell’apparato digerente di Fuffi, o schiacciata come una formica; ma Lei quel rametto, lo lancia ugualmente. E ci vorrà un po’ prima che si accorga della pericolosità della situazione. Siamo alle solite.
Sai che dovresti pensare a te stessa, sai che dovresti “metterti in salvo”, ma a quella pericolosa distrazione non riesci a dire “No.”
Siamo fatte così.
Non conosciamo un’altra versione delle cose.
Lo sappiamo fin dall’inizio, ma ci dobbiamo finire dentro con tutte le scarpe e le mutande (eh… fammi stare zitta, va!)
Poi “De botto, senza senso”, o scappi tu, o ti lasciano in braghe di tela. E qui arriva il “bello”; un bombardamento di cos’ho sbagliato, quanto avrei potuto dare, cosa avrei potuto fare, chi avrei potuto essere, cercando di convincerti che sei tu il problema, che ti meriti l’abbandono, i casini, la mancanza di rispetto, le prese per il culo, ecc.. La colpa è tua e ti meriti il male del mondo.
Anche quando ti allontani da una situazione pericolosa finisci sempre per accusare te e scusare l’elemento pericoloso. Esattamente come Alice, che dopo essere scappata da Fuffi, gli rifila un «Però, che caro cucciolo era!» (Sì, peccato ti volesse a tartar)
Prima di scappare, l’amico peloso le ha tirato una serie di agguati, e lei mica è scappata al primo! No, no! A noi servono 5/6/7 volte prima di capire che “Oh, forse me ne devo andare altrimenti mi faccio malino”
Assurdo, vero? Ma credo mi/ci capiate.
È facile dire “alla prima che mi fai, pigli il treno e te ne vai”, difficile e mantenere questa rotta quando hai il cervello bacato come il mio, o peggio, ci sono di mezzo dei sentimenti. Ragionaci tu con quelli, perché io lì non ho ancora capito come funziona.
(Non abbiamo capito un cazzo della vita Alì. Mascheriamolo con “sarà un’avventura” che va sempre bene)
Allontanandosi da questa situazione, avendo abbandonato il cucciolone, Alice si fa prendere dai sensi di colpa (Toxic relationship - Dipendenza affettiva appalla!) si colpevolizza perché avrebbe voluto “insegnargli dei giochi” e passare del tempo con lui. Maledetta proporzione sbagliata. Maledetta Alice che non sei mai abbastanza giusta al momento giusto. (Eh… maledetta... maledetta cap' i cazz!) Peccato non essere potuta rimanere ancora un po’... (Sì, giusto il tempo per farsi sbranare!) Colpevolizziamoci anche quando le situazioni che abbiamo di fronte sono negative. Quando i comportamenti sono scorretti.
Prendiamoci le colpe delle azioni degli altri puntando il dito su noi stessi dicendoci “non vai bene”. Alice! Questa cosa la dobbiamo cambiare. Tu andrai avanti nel romanzo, io… devo darmi una sveglia e sfanculare certe situazioni un po’ prima. Perché, come dice l’ADV di L’Oreal, “Noi valiamo”.
Andiamo avanti. Pensiamo a noi adesso.
Cosa dobbiamo fare?
Tornare ad una dimensione “normale”? Ok, concentriamoci e facciamolo.
(Pss.. ti sei resa conto che è la metafora perfetta per questa fase della tua vita? Intendo quella reale. Tu che ti stai rimettendo in piedi, che ti devi concentrare su di te, ecc… C’è sì che lo sai, lo stai scrivendo. Va beh ok, sto zitta…)
Lì vicino si ergeva un grande fungo, alto press’a poco come lei: e quando ebbe guardato sotto il fungo, e da entrambi i lati del fungo, e dietro il fungo, le venne in mente che tanto valeva guardare anche cos ci fosse sopra. Si alzò in piedi e sbirciò oltre l’orlo del fungo, e i suoi occhi incontrarono immediatamente quelli di un grande bruco azzurro che era seduto in cima al fungo, a braccia conserte, intento a fumare in silenzio un lungo narghilè, senza minimamente curarsi di lei né di alcuna altra cosa.
Vedi Alice, quando non troviamo le risposte o non sappiamo quali siano le domande, a volte dobbiamo solo cambiare prospettiva.
Guardare sopra il fungo.
Sai mai che ci trovi un bruco strafatto, che con due domande ti fa la mossa alla Borghese e ribalta la situazione. Ma questo… è un altro capitolo. Ciao Amicici, vi ho inzuppato abbastanza... alla prossima. (Non chiedete quando che tanto è inutile. Potrebbe essere la prossima settimana, come il prossimo anno. Questo capitolo l'ha chiuso settimana scorsa... ma quello "nuovo" l'ha scritto colo coso... col Ca.)




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