Cosa essere Tu?
- Non quella Alice
- 11 lug 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 12 lug 2023
11 Luglio 2023 - Brescia

Un giorno ti alzi e casa ti va stretta. I ricordi sono una mano sul collo (che di solito ci piace, ma a ‘sto giro no)
Ci sono i biglietti, le lettere appese, l’accappatoio e lo spazzolino. Cerchi di distogliere lo sguardo e ti rendi conto che non è stata una grande idea… sì, avere una casa piccola con molti specchi, non è stata una grande idea. Incroci il tuo riflesso, e… “Cosa essere, Tu?” Per citarne uno a caso… (torno anche con quello con calma)
E se da una parte, non è stata una grande idea quella degli specchi, dall’altra è giusto così, quindi affrontiamoci. (Che poi dai, ogni tanto sanno essere divertenti)
“Cosa essere, Tu?”
Sto imparando a capirlo
Sto imparando a vedermi senza scegliere “Quale Alice” guardare.
Qualche giorno fa, parlando con un ragazzo convinto che “io e te dobbiamo uscire.”, mi è uscito spontaneo un “Ma tu, quale Alice vuoi?”. Inutile dire che so bene quale me volesse; ancora più inutile dire che il discorso è proseguito a senso unico: lui con il suo monologo, io persa nei miei ragionamenti.
Quale Alice vuoi? Quale Alice vuoi… Quale Alice sei? Quale? Quale Alice… Alice.
Persa in una consapevolezza che sgomita. Non è una scelta dall’album delle figurine.
Io sono tutte le mie Me.
Alice è quella che piange per i film d’animazione, e ai funerali resta “in piedi”, senza lacrime, in supporto di chi ha aperto i rubinetti dell’ anima e brillato la diga del dolore. È quella che a fine giornata, bella o brutta che sia, vorrebbe aprire la stanza dei peluche per buttarcisi tipo Rey Mysterio dei tempi d’oro; ma è anche quella che “Gli abbracci, no.”, “dormire insieme? No guarda non è la mia policy”, coccole e carninerie teniamole lontane. Metti che mi apro, vedi chi sono, resti per un po’ e poi ti volti di spalle.
Non mi va più.
Ho capito che sono quella che apre l’acqua della doccia illudendosi che basti questo per concedersi un pianto; ma al primo sentore di eruzione vulcanica interiore, mando giù e spengo tutto. Esattamente come con l’acqua della doccia.
Che sono quella che ti alza da terra quando di forza non ne hai più. Che sono quella del:
“Vieni?”
“Adesso?”
“Sì”
“Arrivo.” E senza nemmeno finire la parola, sono già in macchina per raggiungerti.
Che sono quella che se c’è un problema, “Lo affrontiamo insieme”.
Che se hai bisogno, “io ci sono”; e se non hai bisogno, Ci sono.
Ma Alice è anche quella che di fronte ad un cielo stellato, una spiaggia libera e il mare che sussurra “Vieni…” se ne frega della gente, si spoglia, e vestita solo del mare, si perde con lo sguardo alle stelle e l’ acqua salata nelle orecchie.
“È per questo che vale la pena vivere.”
Sono quella che sul lavoro “È una spada”, che se mi affidi un progetto, andremo in guerra insieme, fino a sentirlo vivo.
Ma sono anche quella delle scritte sul muro alle dieci di sera in pieno centro a Bologna con 3 Pirli in corpo, seduta al bar scalcagnato dove per me esisti solo tu e quello che ci passa per la testa.
Sono quella che si incazza se viene data per scontata; quella che se si sente in panchina… è meglio se mi finisci, perché è una tortura che non merito.
Sono quella che ti aspetta per ore in stazione perché “è andata così”; si fa rodere il culo, ma appena ti vede arrivare non ti dirà che sei uno stronzo e potevi starci attento, semplicemente ti abbraccia e gode del tempo che vi rimane.
Alice è quella che passa dal programmare tutto in ogni minimo dettaglio, allo “sti cazzi! Si capirà” e parte senza meta e con la testa vuota (A seguire arriverà un periodo di “rapporto” mixato ai sensi di colpa per le cazzate fatte. Sono un Sagittario semplice: meglio pentirsi che privarsi… sì, dillo alla Vergine!)
Sono quella che apre tutti i cassetti delle probabilità, dei dubbi, delle domande esistenziali.
Sono quella del “E se invece…” e via di millemila variabili.
Sono quella che alle due di notte si alza dal letto di scatto per cercare “Che verso fa l’armadillo?”. L’ho pensato, e ora lo devo sapere. La conoscenza è importante. (Sì, lo sarebbe anche il sonno… vabbè)
Allo stesso tempo sono quella che per anni ha creduto che l’ autostrada si pagasse a ore (non scherzo, con “PER ANNI” intendo fino a 5/6 anni fa… “la conoscenza è importante” cit.). Immaginatevi che gioia viaggiare con me… “Autogrill? No! No! Raga, veloci! Ritmo! Ritmo, ritmo che finiamo prima!”
E giusto per non farsi mancare nulla, avevo una spiegazione logica e delle soluzioni pratiche per ogni possibile obiezione; ad esempio un forfait automatico dopo 1h di coda causa traffico. Scema sì, ma problem solver, sempre!
(Comunque non ho ancora accettato del tutto la realtà… poche pause e sguardo scrutatore… non mi fido del Sig. Autostrade. E faccio bene, capisc’ammè!”)
Sono così. Un casino cosmico, una cellula impazzita.
Da non so quanto tempo sono “classificata” come quella “troppo matura per la tua età”, “un’anima antica”, *”inserire divinità, o presunta tale, a piacimento”. Ma vi pare che dopo la storia dell’ autostrada, tutto questo possa reggere?
(E vi risparmio il funzionamento “alla Alice” di Interflora)
La realtà? La realtà è che non so se avete o no ragione voi.
(Pregate che lo scopra il più tardi possibile)
Io so solo che ho un senso di responsabilità addosso da talmente tanto tempo che non ricordo quando l’ ho indossato per la prima volta; ma è evidente che ci fosse del Bostick.
Non so se siamo il frutto di quello che viviamo, di un disegno più grande, o se “semplicemente” siamo così perché sì. So che tutto sommato, se non fossi il mio scarabocchio… chi altro dovrei essere?
Un frullato di cose miste. Di cazzeggio, risate e di non prendersi mai troppo sul serio.
Di dolori, dubbi esistenziali e OCD (maledette simmetrie)
Con il mio “muro di scudi” (che Lagertha levati), perché se ti lascio entrare metti che fai un macello? Sai quanto mi costa stare in piedi tutti i giorni?
Eppure, sono anche quella che “il muro di scudi” vorrebbe calarlo un po’.
Riporre le armi e respirare. Perché regà, parliamoci chiaro: se l’attacco è stancante, non vi dico la difesa…
Quindi sì, sono anche quell’ Alice che ha bisogno di mollare gli ormeggi. Ho bisogno del bagno nel mare nuda alle due di notte, delle canne fumate nelle stanze per non fumatori scatenando l’ ira funesta dei gestori, delle scritte sul muro, del sesso in macchina che accompagna il prossimo “Ci vediamo”. Sono quella che “Gli abbracci, no”, del “Non mi toccare”, e dei baci senza spazio di manovra con le lingue che si annodano perché la voglia di appartenersi è tanta e il tempo sempre poco. Sono Abbastanza
Sono Troppo
Sono Tutto
Sono Niente
Sono Alice
Tutte queste, sono Alice.
Una moltitudine di “moltezza”.
Forse Troppo
Forse Troppo Poco
Forse Non Abbastanza
Forse è così e basta
Forse, Alice, Forse… sei semplicemente Tu.
Quindi:
Ciao Alice, ripartiamo da qui. Mano nella mano. Io e Me Fino alla fine della strada.
(E se fossimo in un film ora suonerebbe: Little by Little degli Oasis. Ma questo non è un film ho finito il budget anche per quelli mentali. Alexa! Riproduci Little by Little...)
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